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martedì 19 febbraio 2019

Don Chisciotte: l'Arbëresh tra le lingue del Progetto @MarcoPolo


L'incipit illustrato da Riera Rojas, 1968:
rara immagine in cui compare il
galgo corredor 


Don Chisciotte: l'Arbëresh tra le lingue del Progetto @MarcoPolo

L'Arbëresh (IPA: /aɾˈbəɾɛʃ/) ė finalmente tra le lingue del Progetto @MarcoPolo grazie alle traduzioni di Costantino Bellusci, coinvolto nelle nostre sfide alla traduzione da Lucia Martino, presidente dell'Associazione culturale e turistica VOREA di Frascineto / Frasnita (Cosenza), che ringrazio: la presidente Martino firma la nota in calce a questo post.

Varietà linguistica del Tosk, la parlata del sud dell'Albania da dove partì la diaspora di massa in varie ondate dal XV secolo in poi, l'Arbëresh è lingua madre di circa novantamila persone in comunità dislocate in sette regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia e Sicilia. Ha mantenuto la struttura fonetica e morfosintattica d'origine, si presenta sostanzialmente immutata, con tratti arcaici della lingua albanese, prestiti linguistici dal greco e più recenti dai dialetti dell'Italia meridionale, ma non è stata influenzata dalla lingua degli invasori turchi, come invece accaduto per l'albanese parlato in Albania. 

Vedi anche l'articolo pubblicato il 13 marzo 2019 da Treccani.it:
Lingue sotto il tetto d'Italia. 11 La minoranza linguistica italo-albanese (arbëreshe)

Differenze tra Arbëresh e Shqip (IPA: /ʃcip/), la lingua Albanese ufficiale, si notano nelle due traduzioni dell'incipit del Don Chisciotte inviate da Costantino Bellusci.

INCIPIT
En un lugar de la Mancha, de cuyo nombre no quiero acordarme, no ha mucho tiempo que vivía un hidalgo de los de lanza en astillero, adarga antigua, rocín flaco y galgo corredor.
*AUDIO .mp3 .ogg

In un borgo della Mancia, di cui non voglio ricordarmi il nome, non molto tempo fa viveva un gentiluomo di quelli con lancia nella rastrelliera, scudo antico, ronzino magro e can da séguito.
Traduzione di F. Carlesi, 1933

ARBËRESH - tr. di Costantino Bellusci, Frascineto Frasnita (Cosenza)

Tek një katundth të Mançias, i t’ çilit nëng dua t’i kujtonj ëmrin, jo shumë mot prapa rrònei nj’ bular me një llanxhë mbrënda një graxhòllë, dorëpreje të lashtë, kal të holl dhe një qen ç’i vej pràpa.
AUDIO .mp3 .ogg

SHQIP - tr. di Costantino Bellusci

Në një fshat të Mançias, i së cilit nuk dua t’i kujtoj ëmërin, jo shumë kohë prapa jetoni një bujar me një shtizë në kafáz, mburojë të lashtë, kalë të holl dhe një qen pràpa. 
AUDIO .mp3 .ogg

* I link agli audio rimandano al sito Adotta_il_Tradotto LINK 

NOTA di Lucia Martino, presidente dell'Associazione Vorea

La formazione delle Comunità arbëreshë nell’Italia meridionale risale dalla seconda metà del xv secolo a tutto il diciottesimo. Le prime ondate migratorie si ebbero durante e dopo il periodo dominato dalla figura di Giorgio Kastriota Skanderbeg, il principe albanese che per oltre un  quarto di secolo si oppose con le armi all’invasione ottomana.  
L’emigrazione più massiccia coincise con la morte del principe di Kruja. Si ebbe un flusso continuo ininterrotto e in Italia nacquero 52 Comunità albanofone. Attualmente i cittadini italiani di etnia albanese sono circa novantamila. Le comunità più numerose sono in Sicilia e Calabria.
Benché siano diverse la cause che determinarono la venuta degli Albanesi in Italia, non vi è dubbio che il loro inserimento nelle regioni meridionali si spiega anche con le difficili condizioni economiche e sociali che vivevano in quel periodo storico.
Nel meridione vi era una forte crisi demografica, abbandono delle campagne e dei centri rurali, richieste fiscali. La presenza  degli Albanesi diede luogo, nelle regioni meridionali, ad  un processo di ripopolamento e ripresa economica da un lato, dall’altro alla formazione di ambienti culturali che si distinguevano da quelli circostanti per lingua, rito religioso, tradizioni e costumi.
L’insediamento degli Albanesi nel cuore del Pollino è uno dei più radicati e originali d’Italia.
All’interno del Parco Nazionale del Pollino le Comunità presenti sono nove: Frascineto, Eianina, Civita, San Paolo Albanese, San Costantino Albanese, Acquaformosa, Lungro, Plataci e San Basile.
Frascineto, Eianina e Civita sono le Cominità che hanno saputo custodire miracolosamente e gelosamente il passato glorioso dell’Albania. La lingua, il rito bizantino-greco, canti usi, costumi e tradizioni: un patrimonio inestimabile che per 600 anni è sopravissuto grazie sicuramente a tanti scrittori, letterati, sacerdoti e poeti, ma soprattutto alle donne e alle persone che sentono ancora fortemente il senso d’appartenenza alla cultura arbëreshë.
Il martedi di Pasqua, la festa delle feste, gli Arbëresh, nelle nostre Comunità esprimono la loro etnia con le VALLJE e cantano rapsodie dedicate a Skanderbeg.
I festeggiamenti pasquali rappresentano l’esaltazione di tutto il passato della civiltà albanese come memoria di un tempo antico ma ancora presente nel cuore degli Arbëresh che in un giorno rivivono la storia di sei secoli.
Abbiamo preservato per tutti gli Albanesi del mondo la lingua, le tradizioni, i costumi, la liturgia e la cucina.
Per me essere arbëreshë significa che sono italiana, calabrese e, grazie alla mia etnicità, sono diversa dagli Italiani, dai Calabresi e appartengo a un’antica cultura, ai colori delle coperte di kukulta che ho nel mio letto. Appartengo ai sapori antichi della pasta di casa che ho insegnato ai miei alunni ed ai miei ospiti del bed and breakfast ‘PIEFFE’. Appartengo ai valori di cordialità ed ospitalità che la mia antica cultura, MIKPRJTIA, mi ha trasmesso. Vi aspettiamo con i sentimenti di amicizia proprio del nostro popolo!



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