giovedì 25 luglio 2019

Diario veneziano: Agido, come cavallo veneto - Alcmane, Sparta VII secolo a. C.



Dedico 
alla fanciulla che è in me, e che sento rinascere ogni giorno di più,
alle fanciulle che sono nei cuori di ciascuna delle mie care amiche,
a mia figlia e alle mie nipoti,
questi versi di Alcmane, poeta attivo a Sparta nel VII secolo a. C., che ci propongono l'immagine di una giovane donna libera e felice, consapevole della sua bellezza spirituale e fisica, vincente nelle gare come un cavallo veneto.

I cavalli veneti erano i più ambiti nel mondo antico, i vincitori di ogni gara.

Mi ha molto colpito l'immagine di questa donna forte e leggiadra, la direttrice del coro, co-regista, a cui il poeta rende omaggio: altro che i fanciulli in panni femminili che interpretavano le vittime Giulietta, Ofelia, Desdemona ai tempi di Shakespeare ...

I dedicate
to the girl in me, whom I feel being reborn daily,
to the girls in the hearts of my dear friends,
to my daughter and my nieces,
the following verses by Alcman, a poet who lived in Sparta (Greece) in the 7th century BC. He presents the image of a free and happy young woman, who is aware of her spiritual and physical beauty, a winner in the races like a Venetian race-horse.

Venetian race-horses were the most coveted ones in ancient times, the winners in every race.

I consider amazing the image of this strong and balletic woman, the director of the chorus and co-director of the cerimony, who is being honoured by the poet. A very different situation from that in Shakespare's times, when young male actors wore women's clothes in order to play female victimized roles of Juliet, Ophelia, Desdemona etc.

35 έργα πάσον κακὰ μησαμένοι. 
    ἔστι τις σιῶν τίσις·
    ὁ δ’ ὄλβιος, ὅστις εὔφρων
    ἁμέραν [δι]απλέκει
    ἄκλαυτος· ἐγὼν δ’ ἀείδω
 40 Ἀγιδῶς τὸ φῶς· ὁρῶ 
    F’ ὥτ’ ἄλιον, ὅνπερ ἇμιν
    Ἀγιδὼ μαρτύρεται
    φαίνην· ἐμὲ δ’ οὔτ’ ἐπαινῆν
    οὔτε μωμήσθαι νιν ἁ κλεννὰ χοραγὸς
45 οὐδ’ ἁμῶς ἐῇ· δοκεῖ γὰρ ἤμεν αὔτα 
    ἐκπρεπὴς τὼς ὥπερ αἴτις
    ἐν βοτοῖς στάσειεν ἵππον
    παγὸν ἀεθλοφόρον καναχάποδα
    τῶν ὑποπετριδίων ὀνείρων.

 50 ἦ οὐχ ὁρῇς; ὁ μὲν κέλης 
    Ἐνητικός·

C'è un castigo che viene dagli dei.
Felice chi è sereno
e trascorre il giorno
senza pianto. Ora io canto,
la luce di Agido. La scorgo come
un sole, e così a noi Agido rivela
il suo splendore. Io non lodo o rimprovero
la famosa corèga
in alcun modo. Essa spicca
come, in mezzo all'armento
che pascola, un cavallo
dal piede sonante, uso a vincere,
veloce più dei sogni, nelle gare.
Non la vedi? E' come cavallo
veneto.

Los dioses cobran su venganza
y dichoso el que, libre de cuidados,
ha terminado de trenzar el día
sin una lágrima. Pero yo canto
la luz de Agido. A ella
la miro como al sol, el sol que llama
Agido a ser testigo
de su esplendor. Mas ni un pequeño elogio
ni un reproche me deja
la renombrada principal del coro,
que descuella a mis ojos como si alguien
entre ovejas hubiese colocado un corcel
robusto y vencedor, de sonoro galope,
de los alados sueños.
¿Acaso no lo ves? ¡Es un corcel
del Véneto!


Alcmane, fr. 3 Calame, vv. 35-51

Sparta, VII secolo a. C.

Nessun commento:

Posta un commento